DITO A SCATTO

IN GENERALE

Il “dito a scatto” è un fenomeno abbastanza frequente che insorge in presenza di una malattia infiammatoria a carico della membrana che avvolge i tendini flessori delle dita e che ha il compito di facilitare il loro scor­rimento nel canale che li accoglie. Tale canale presenta in alcuni tratti delle strutture fibrose, dette pulegge, che mantengono strettamente i tendini a contatto con la superficie volare delle ossa sottostanti, impedendo che essi possano tendersi come la corda dell’arco in seguito alla contrazione dei muscoli.

   L’infiammazione determina il restringimento della guaina tendinea che quindi “strozza” i tendini (si parla infatti di tenosinovite stenosante), che di conseguenza, a monte dell’ostacolo, si dilatano a formare un nodu­lo. Questa formazione, proprio per la sua presenza, riduce ulteriormente la possibilità di scorrimento. In que­sto modo si crea un conflitto meccanico che contribuisce ad alimentare l’infiammazione in un circolo vizioso.

All’inizio la sintomatologia della sola infiammazione della membrana (tenovaginalite) si manifesta con dolo­re durante il movimento delle dita, e con un crepitìo che si apprezza anche alla palpazione, paragonabile al calpestìo della neve fresca. Con il persistere della patologia si arriva a un momento in cui l’ingrossamento del tendine fa estrema fatica a superare la puleggia, normalmente quella in corrispondenza della testa metacarpa­le, ma una volta che è riuscito a superare l’ostacolo non riesce più a tornare indietro perché la forza dei mu­scoli estensori è minore rispetto a quella dei flessori. Avviene così che per aprire la mano occorra una contra­zione molto più energica del normale, che alla fine riesce a far superare all’improvviso l’ostacolo, determi­nando il fenomeno dello scatto.

Il “dito a scatto” si presenta in genere senza causa apparente. Talvolta può essere riconducibile a un’attività lavorativa che richiede l’uso ripetitivo di attrezzi (pinze, forbici, cacciavite, ecc). In alcuni casi si accompa­gna all’artrite reumatoide o all’artrosi della mano. Può comparire verso la fine della gravidanza, e in genere scompare nei primi mesi dopo il parto. Colpisce soprattutto le donne attorno ai 50-60 anni. In rari casi è presente nel lattante, per lo più a livello del pollice che viene mantenuto flesso; questo è l’elemento che induce i genitori a ricorrere al medico.

SINTOMATOLOGIA

Il fenomeno del dito a scatto può colpire tutte le dita ma predilige il 1° dito, il 3° e il 4°; può coinvolgerne uno solo oppure più dita, contemporaneamente o in successione.

Il paziente si rivolge al medico per la presenza di dolore alla flesso-estensione, talora per la presenza del fe­nomeno dello scatto in assenza di dolore. Spesso, soprattutto nelle fasi iniziali, il paziente trova al risveglio il dito flesso e riferisce difficoltà all’estensione, che spesso viene ottenuta passivamente con la mano controla­terale

La diagnosi è essenzialmente clinica basandosi sulla evidenza dello scatto e sul riscontro, alla palpazione della metacarpo-falangea, di un nodulo che scorre avanti e indietro in modo sincrono con la flesso estensione del dito. In uno stadio successivo il dito può rimanere bloccato in estensione o flessione.

TRATTAMENTO

In fase iniziale può essere indicato un trattamento conservativo, con terapie fisiche, infiltrazioni locali di cor­tisone, terapia antinfiammatoria per os. Ma se gli episodi di “blocco” si verificano ripetutamente e la sinto­matologia dolorosa non risponde alle cure, si impone il trattamento chirurgico con il risultato di risolvere immediatamente il problema e di prevenire danni ai tendini, fino alla loro rottura sottocutanea (evento fortu­natamente raro, che può richiedere interventi complessi).

   L’intervento, che si esegue in anestesia locale in regime di Day Surgery, consiste nella tenolisi, cioè libera­zione dei tendini tramite la sezione della puleggia che strozza i tendini. L’intervento comporta una breve inci­sione di circa 2 cm.

   Dopo l’intervento il paziente non solo può, ma anzi deve, muovere attivamente il dito per prevenire le possi­bili aderenze cicatriziali.

La prognosi è in genere di due settimane, il tempo necessario per la cicatrizzazione della cute. Attività fisiche molto impegnative vanno evitate per 3 settimane.

Le possibili complicazioni, del resto molto rare, sono : la cicatrice dolorosa, la lesione intraoperatoria di un nervo sensitivo o del peduncolo vascolare (in caso di varianti anatomiche, situazioni cioè in cui il decorso dei nervi e/o dei vasi differisce dalla normale anatomia), le infezioni.